Nell'ultima settimana il dibattito sull'universo digitale ha subito un'accelerazione da noi.
Merito della Commissione europea che ha intimato al governo Prodi di correggere le storture della legge Gasparri, con la trovata del SIC, che dilata il mercato e consente al dupolio RAI-Mediaset di spartirsi l'85% dell'audience delle frequenze analogiche, e molto di più di quello della pubblicità televisiva. Nessuno è senza peccato su questo tema, né il centro-destra né il centro-sinistra.
Per uno strabismo determinato da reciproci interessi di bottega: aziendali, nei primi, di occupazione di spazi nei secondi, in Italia pare che solo il sistema televisivo abbia a che fare con il digitale. Sul resto vi è pressappochismo: si veda il post precedente.
Vale la pena di leggere un documento di Andrea Camanzi, della Fondazione Italiani-Europei, girato da Puntoit. Camanzi esamina ciò che sta avvenendo su questo mercato, quello del digitale nel suo complesso, e sottolinea la "vecchiezza" della regolamentazione del settore e la mancanza di strategie politiche e industriali all'altezza delle sfide globali.
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Tutto ciò ha molto a che fare con la libera circolazione di contenuti su Internet che tanto preme a chi fa social networking, e ci crede, in difesa della network neutrality. Per ora è una partita che si gioca negli Usa, ma a mio parere è ora di darsi una mossa e discuterne anche da noi
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Sterling contro Gates
Ma attacca Microsoft, monopolista del mercato dei sistemi operativi con il 95% del mercato mondiale, sostenendo che da decenni blocca l'innovazione e fa spessso software di pessima qualità. Come dargli torto?
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