Si è aperto ieri a Roma il secondo Innovation Forum di IDC. Mi diceva due anni fa Roberto Masiero, Ceo Europeo di IDC, come fosse bizzarro che i manager delle principali aziende italiane di ICT non si conoscessero tra loro, e come questa fosse una delle cause della scarsa attenzione dei pubblici poteri per il comparto.
Nella seconda edizione viene presentato il rapporto: "Il sistema dell'innovazione in Italia: ICT e Società dell'informazione", che si ispira allo European Innovation Scoreboard.
Luci e ombre nel rapporto (come ovvio).
- Scarsa dinamicità del sistema dell'innovazione nel periodo 2000-05, con un valore medio stabile e i valori delle Regioni trainanti in leggera diminuzione (ad eccezione del Piemonte). Rilevante il divario tra la Lombardia, la più avanzata, e il Molise, fanalino di coda.
- Le politiche dell'innovazione hanno subito un forte rilancio nell'ultimo anno, con incremento degli investimenti (inferiori però alle attese) e una relativa stasi nell'innovazione della PA.
- Si moltiplicano gli attori dell'innovazione sul territorio: I modelli emergenti di distretti tecnologici attivi somigliano, più che alla Silicon Valley,ad agenzie dell'innovazione con forte orientamento a gestire bandi e supportare le Pmi. Vi sono anche distretti inventati, rimasti sulla carta perché il sistema economico locale non è in grado di sostenerli. Sarebbe meglio chiudere le esperienze, risparmiando quattrini.Lo stesso criterio vale per le università: a fronte di 450 spin-off, la metà creati negli ultimi due anni, c'è il rischio di una dispersione di risorse. Occorrerebbe un monitoraggio centrale (Stato e Regioni) e una valutazione delle esperienze, incentivando le best practices.
IDC ha compiuto un'analisi approfondita di tre sistemni: sanità elettronica, cultura digitale, e Made in Italy.
Le conclusioni sono: "l'innovazione procede per filiere superando i ocnfini tradizionali dei settori. Il gap di innovazione digitale in Italia è legato ad un utilizzo riduttivo delle infrastrutture tecnologiche nelle filiere, che non sostiene i nuovi modelli di cooperazione-concorrenza fra attori...". Esistono poi "molteplici dogane della conoscenza, le barriere che impediscono la mobilità di idee, competenze, modelli organizzativi e persone, fra settori e comparti tradizionali".
In sostanza siamo ancora poco capaci di fare sistema, e di utilizzare tutte le tecnologie che abiliterebbero questo obiettivo
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