Un bell'articolo di Alterman sul The New Yorker (grazie a Luca Sofri), ricostruisce la crisi dei grandi quotidiani mainstream negli Usa. Lo scontro tra un giornalismo professionale spesso troppo contiguo al potere, venuto a far parte di una èlite che perde gradualmente ma costantemente credibilità, e un pubblico attivo in crescita che critica, completa, smentisce o bypassa nei blog e nei siti di social networking la narrazione edulcorata dei media. La contrapposizione ha radici economiche precise, la nascita della rete ne è il fattore abilitante, ma le radici, spiega Alterman, stanno in un dibattito a cavallo degli anni venti, tra chi come Walter Lippman aveva una visione aristocratica della professione e una sfiducia nella capacità critica del cittadino medio e chi, come John Dewey metteva l'accento sulla necessità di far crescere la consapevolezza del pubblico. Con l'avvento di Internet, il pubblico attivo ha acquistato potere (ed è profetico l'assunto di Dewey, che 70 anni prima aveva scritto: il fondamento della democrazia non è l'informazione, ma la conversazione). La crisi dei grandi quotidiani e il successo dei blog, con l'ossimoro che nasce dal fatto che i siti più visitati sono quelli che aggregano le news dei media mainstream, fa nascere domande inquietanti sul futuro dei giornali, e dell'informazione. La narrazione di un Paese fornita dai media è fungibile dal disordinato aggregarsi dei punti di vista deio blog? Probabilmente no. Ma casi come l'Huffington Post e il Talking Post Memo (primo blog a vincere il George Polk Award) dimostrano che c'è spazio per una crescita e maturazione nella partecipazione del pubblico attivo. Il futuro starà nella capacità dei due mondi di trovare punti di incontro; certo la risposta non può venire dall'attuale attitudine dei media mainstream che, secondo Thomas Edsell, ex notista politico del Washington Post passato all'Huffington Post, è la paura: “increasingly driven by fear—the fear of declining readership, the fear of losing advertisers, the fear of diminishing revenues, the fear of being swamped by the Internet, the fear of irrelevance. Fear drove the paper, from top to bottom, to corrupt the entire news operation.” Joining the Huffington Post, Edsall said, was akin to “getting out of jail,” and he has written, ever since, with a sense of liberation. Un articolo prezioso, su cui riflettere, che dimostra la vitalità e l'attenzione dell'opinione pubblica americana per la democrazia e l'informazione. Che fa sembrare pietosa la nostra incapacità di riflettere a questi livelli, e la necessità di crescita di consapevolezza nostra, come cittadini
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