La vicenda dei 25 alloggi assegnati alle famiglie Rom a Milano, la polemica in Giunta e la marcia indietro sono emblematiche di uno stato delle istituzioni milanesi vergognoso: incapacità di perseguire la propria stessa progettualità, rottura degli impegni, cambio di indirizzo sulla base di polemiche a solo fine elettoralistico.
I fatti: A giugno scorso il Comune ha chiesto all’Aler di individuare 25 case dove trasferire temporaneamente le famiglie che devono lasciare Triboniano e che hanno accettato di intraprendere un percorso abitativo e formativo, con diritti e doveri. A luglio la giunta regionale ha autorizzato Aler a chiedere alla Regione stessa l’esclusione delle 25 case dalle graduatorie regolari. Il 5 agosto, infine, è la stessa giunta regionale a ratificare la formazione della minilista. Ad agosto, quindi, Aler ha consegnato alle associazioni del terzo settore le chiavi dei primi undici appartamenti, sparsi tra i quartieri più popolari: Lorenteggio, Stadera, Forze Armate, Gratosoglio. Undici indirizzi dei 25 individuati da Aler come quelli più adatti al progetto: venti trilocali, un bilocale, due 4 vani, un 5 e un 6 vani (le dimensioni medie sono di 5060 metri quadri, solo l’ultimo è di 90 metri quadrati). Le convenzioni sono stipulate direttamente tra Comune, prefettura e le associazioni (dei 25 appartamenti, 15 vanno alla Casa della carità, 5 al Ceas, altrettanti alla cooperativa Farsi prossimo). I contratti sono, come stabilito dalla legge, di quattro anni con la possibilità di rinnovo per altri quattro: ma le associazioni, a loro volta, le danno alle famiglie per uno, massimo due anni, «perché l’obiettivo è aiutarli a rendersi indipendenti».
Oltretutto si tratta di case classificate dall'Aler come "inagibili". La decisione è tanto più grave in quanto penalizza 14 famiglie Rom "virtuose", cioè quelle che hanno accettato un percorso di integrazione proposto dalla Casa della carità di Don Colmegna. E quindi rafforza chi, nel mondo del nomadismo, predica e pratica la marginalizzazione.
Vergogna per il sindaco Moratti, che accetta il diktat di Lega e Pdl, si rimangia la parola e non difende il suo assessore (e la sua politica). Vergogna per il Prefetto, supino alle ragioni della regola politica e dimentico di essere rappresentante dello Stato e della sua credibilità. Vergogna per una città che non riesce, dall'alto della sua ricchezza e delle moltissime competenze, ad affrontare in termini civili e non forcaioli un problema che in altri Paesi (ad esempio la Spagna) ha dimostrato l'integrabilità dei nomadi.
Mi aspetto che i candidati sindaco del PD facciano sapere non come la pensano, ma quali politiche concrete intendono mettere in atto per cominciare a risolvere in modo civile il problema