
Un bellissimo post di Mark Potts ci fa capire alcune cose fondamentali riguardo l'innovazione: il futuro è già scritto nell'oggi, occorre saperlo vedere; per poter essere protagonisti del futuro occorre lasciarsi alle spalle le sicurezze del presente.
Potts ha partecipato a più di 20 anni di sperimentazioni sull'utilizzo del giornalismo per i media, ed è una autorità in materia. Nel post ricorda che nel 1992, Robert G. Kaiser, nuovo direttore del Washington Post, fu invitato da Apple (c'era Sculley) a un convegno inGiappone sul futuro dei media. A ritorno scrisse un report (.pdf) che, dice Potts, lo ispira ancora oggi per le visioni che conteneva.
Il concetto più forte era che occorreva progettare un giornale per il computer.
Sono partite allora diverse sperimentazioni, alcune fatte per il WP proprio da Potts, che conenevano tutti gli elementi che oggi vengono usati o discussi: multimedialità (allora solo voce), iperlocalismo, pubblicità, personalizzazione spinta, vendita del singolo "pezzo". Persino una versione per un tablet progenitore dell'iPad.
Guardare l'esperimento di PostCard, fatte con HyperCard di Apple, mette tenerezza, tanto ci paiono rozze le iconografie, ma lì c'è già tutto.
Come mai, allora, c'é voluto tanto per arrivare all'oggi? Non è solo questione di tecnologia, suggerisce Potts: banda larga, processori potenti, multimedialità, device. La lentezza è spiegata dalla ritrosia degli editori ad allontanarsi dal modello stampa. I protagonisti allora sono stati altri: Craiglist, Google, Huffington Post.
Quello che ancora manca è una versione del giornale fatto per il computer (o per il tablet, o lo smart phone). Quello che ci farà guardare, tra poco, al sito di oggi del NYT con la stessa tenerezza con cui oggi guardiamo PostCard
Elaborare il lutto in collettivo
Questo video, (via Morandini), mostra i funerali di caduti neoelandesi. A molti potrà sembrare una forma di machismo e militarismo stressati, a me pare una cerimonia piena di rispetto e partecipazione. Quel "ballo" è una drammatizzazione, quasi uno storytelling, che aiuta a elaborare il lutto; molto meglio dell'orribile abitudine impostasi da noi in quell'applauso alla salma.
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