Nella seconda metà degli anni '90 Kevin Kelly scrisse un bellissimo articolo su Wired a proposito delle reti,e di Internet in particolare, e dell'intelligenza distribuita che la Rete poteva mettere a disposizione. E' uscito poi un suo libro che sistematizzava il concetto New rules for the new economy (puoi scaricarlo gratis).
Più di 10 anni dopo si è diffuso il concetto di Internet of things, e soprattutto nell'automotive vengono utilizzati chip che consentono un controllo e una manutenzione anche a distanza dell'auto.
Un bell'articolo su Technology Reviev di Michael Fitzgerald racconta di come l'internet passi dalle cose agli impianti industriali, mettendo sotto osservazione processi produttivi delicatissimi come quelli per le batterie al sodio-nichel.
L'impianto GE di Schenectady è davvero innovativo, dalle descrizioni, eppure Mike Osgood, che lavora in un altro impianto, stavolta della Mohawk Fine Papers di New York, osserva che non c'è niente di nuovo, si poteva fare da tempo “We just decided to implement it”, abbiamo solo deciso di farlo.
Il fatto è che la velocità dell'innovazione è talmente elevata, che spesso le implicazioni che alcuni fatti epocali hanno non riusciamo a coglierle subito e a farle entrare in modelli d'uso consolidati. Se ci pensi, si tratta nient'altro che l'estensione del concetto di fabbrica automatica in locale.
Ma di mezzo c'è la diffusione del wi-fi, la creazione di sensori embedded nei macchinari, la produzione degli stessi.
C'è una notazione nell'articolo che mi ha colpito: alla GE stanno pensando di inserire chip di controllo nei frigoriferi e nelle lavatrici che producono. L'idea è di controllarne il funzionamento anche dopo la vendita al cliente, per avere notizie sulla vita del prodotto. Ma c'è un altro versante interessante che ha a che fare con le ricadute dei social media e con i big data. Come i SM, anche GE potrà raccogliere dati sui nostri comportamenti (quanti bucati alla settimana, in che ore, quali materiali), informazioni che a qualcuno potranno essere utili dal punto di vista commerciale. Del resto il valore di facebook si basa proprio sulla vendita di big data sui partecipanti. Figuriamoci poi quando il nostro frigorifero segnalerà ad altri, oltre che a noi, lo stato dei nostri consumi alimentari.
Ma questo è il prezzo della società della conoscenza.
Più di 10 anni dopo si è diffuso il concetto di Internet of things, e soprattutto nell'automotive vengono utilizzati chip che consentono un controllo e una manutenzione anche a distanza dell'auto.
Un bell'articolo su Technology Reviev di Michael Fitzgerald racconta di come l'internet passi dalle cose agli impianti industriali, mettendo sotto osservazione processi produttivi delicatissimi come quelli per le batterie al sodio-nichel.
L'impianto GE di Schenectady è davvero innovativo, dalle descrizioni, eppure Mike Osgood, che lavora in un altro impianto, stavolta della Mohawk Fine Papers di New York, osserva che non c'è niente di nuovo, si poteva fare da tempo “We just decided to implement it”, abbiamo solo deciso di farlo.
Il fatto è che la velocità dell'innovazione è talmente elevata, che spesso le implicazioni che alcuni fatti epocali hanno non riusciamo a coglierle subito e a farle entrare in modelli d'uso consolidati. Se ci pensi, si tratta nient'altro che l'estensione del concetto di fabbrica automatica in locale.
Ma di mezzo c'è la diffusione del wi-fi, la creazione di sensori embedded nei macchinari, la produzione degli stessi.
C'è una notazione nell'articolo che mi ha colpito: alla GE stanno pensando di inserire chip di controllo nei frigoriferi e nelle lavatrici che producono. L'idea è di controllarne il funzionamento anche dopo la vendita al cliente, per avere notizie sulla vita del prodotto. Ma c'è un altro versante interessante che ha a che fare con le ricadute dei social media e con i big data. Come i SM, anche GE potrà raccogliere dati sui nostri comportamenti (quanti bucati alla settimana, in che ore, quali materiali), informazioni che a qualcuno potranno essere utili dal punto di vista commerciale. Del resto il valore di facebook si basa proprio sulla vendita di big data sui partecipanti. Figuriamoci poi quando il nostro frigorifero segnalerà ad altri, oltre che a noi, lo stato dei nostri consumi alimentari.
Ma questo è il prezzo della società della conoscenza.
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