Democrazia diretta o referendaria – di cui la consultazione via web è una sottospecie – e democrazia partecipata non sono la stessa cosa. La prima, nonostante i proclami in contrario, si fonda su una delega pressoché totale ai rappresentanti – in questo caso ai parlamentari – cui viene affidato il compito di tradurre in leggi e provvedimenti quello che la constituency – nei cinque stelle la consultazione via web – decide. Senza molte mediazioni, perché queste non possono essere sottoposte ogni volta alle valutazioni di un gruppo di riferimento; neanche se, come si è visto, è assai ristretto. La democrazia partecipata esige invece un contributo costruttivo da parte di tutti i soggetti coinvolti; confronti e riposizionamenti continui; la valorizzazione dell’esperienza e dei saperi di ciascuno; e anche degli affetti, perché l’incontro fisico, la conoscenza reciproca, l’incrocio degli sguardi, a tutti i livelli, ne sono una componente essenziale. Anche in questo caso la delega, sempre a termine e revocabile, è inevitabile, perché i gruppi di riferimento, per essere tali, non possono superare una certa dimensione. Ma è una delega solida, perché la democrazia partecipata non è, o non è principalmente, assembleare.
Viale sa bene di cosa parla, ha attraversato come me gli anni sessanta e settanta, che della partecipazione diretta hanno fatto lunga esperienza, con alterne vicende. L'esercizio della democrazia è faticoso, richiede continuità, riflessione, volontà di confronto; spesso i tempi della rete non lo consentono, le sfumature si perdono, la tentazione della battuta definitiva è forte.
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