Davide De Luca, sul Post di oggi, affronta un tema critico: l'accordo tra sindacato dei giornalisti (FNSI) e quello degli editori (FIEG) per riconoscere un equo compenso ai collaboratori. Consiglio agli interessati di leggere l'articolo, si risparmieranno una lotta difficile e disperata.
Lo spiega bene, e con molto realismo De Luca: editoria in crisi, pubblicità a picco, margini risicati.
Ma il dato più rilevante non è specifico della categoria, è comune all'economia italiana: mercato duale, con gli "insider" ipertprotetti e gli "outsider" senza garanzie.
E qui il discorso si allarga ai sindacati e al loro ruolo in una società liquida, in cui la difesa del posto di lavoro ad ognio costo - anche a rischio del fallimento aziendale - tende a ingessare regole e meccanismi di vanzamento di carriera. Rigidità su rigidità su tutto, e giungla su chi sta fuori.
Occorre una rivoluzione copernicana, e De Luca indica alcune possibili strade:
"In parte, il problema si sta risolvendo in maniera “naturale”: i giornalisti con i contratti migliori vanno in pensione e vengono sostituiti da giovani senza alcuna garanzia. Questo processo, però, andrebbe regolato. Bisognerebbe trovare una via di mezzo in cui le garanzie del passato vengono ridotte, ma ne vengono concesse di nuove a chi al momento non ne ha nemmeno una. Cambiare questi aspetti è difficilissimo e non riguarda soltanto i giornalisti (quasi tutto il mercato del lavoro italiano soffre di questi problemi). Ugualmente, però, è questa la direzione verso la quale bisognerebbe spingere".
E ancora, abbassare le tasse all'editoria (4% sui prodotti su carta e 22" sul digitale). Finanziare la stampa, ma quella d'informazione, perché quella politica se la finanzino gli elettori.
Insomma, si tratta di prendere atto del fatto che la difesa di pochi (con molti privilegi, tra cui l'inamovibilità) va a scapito di molti e dell'economia nel suo complesso. Non a caso la categoria che sostiene in misura preponderante il sindacato sta diventando quella dei pensionati.
Qualcosa deve cambiare.