L'Unione Europa ha imboccato con decisione la strada per la salvaguardia del pianeta, inserendo nelle sue policy le due transizioni, quella tecnologica e quella ecologica. Sono due priorità strettamente connesse tra loro, l'antropocene e le sue innovazioni tecnologiche, hanno influenzato e impattano sulla salute del pianeta. Oramai, dopo molte discussione, è un fatto quasi unanimemente accettato. Ora la priorità prevalente è quella della transizione ecologica, e il ricorso alla tecnologia può accelerarne il passo. La velocità con cui si effettuano questi processi è essenziale, ma la transizione è necessariamente distruzione o abbandono del vecchio e innesco del nuovo. Il modo con cui questo si realizza ha conseguenze rilevanti anche sul contesto sociale, per questo il ministro Cingolani ha posto il problema.
Uno dei settori a maggior impatto è quello della mobilità, e del comparto dell'auto, in particolare. La strategia FIT for 55 della UE innesca alcune problematiche di resettaggio del settore. Ne ho parlatosu Sfide di Fondimpresa. Di seguito il pezzo
Lo scorso luglio l’Europa ha preso una decisione coraggiosa: emissioni zero entro il 2050, e definizione di una road map che lo renda possibile. Il documento presentato dalla Commissione si intitola Fit for 55, propone di raggiungere nel 2030 una riduzione del 55% di gas effetto serra rispetto ai livelli del 1990.
Obiettivo ambizioso, chiosa l’ISPI, e che al momento non trova rivalità a livello internazionale, non solo dai Paesi a più recente industrializzazione, anche dagli Usa; i disastri causati dal clima nel centro Europa, però, segnalano che l’urgenza non è immotivata.
In un prossimo post verranno esaminate le condizioni necessarie per porre in atto la strategia. Qui interessa affrontare il ruolo cruciale che nel suo sviluppo esercita il tema della mobilità: forse l’obiettivo più ambizioso in assoluto è quello di ridurre le emissioni prodotte dai veicoli del 100% entro il 2035, assicurando un parco veicoli a emissione zero per il 2050. E’ questo l’obiettivo che ha suscitato le perplessità maggiori, soprattutto per quanto riguarda il comparto dell’auto, destinato a subire un severo stravolgimento in termini di tecnologie e infrastrutture abilitanti, quale forse non si era realizzato dalla sua nascita. La UE infatti intende vietare nel 2035 la vendita di veicoli benzina, diesel, Gpl, metano e anche ibridi o plug-in. Solo elettrico o idrogeno saranno ammessi.
Dunque transizione ecologica. E’ indispensabile l’abbandono dei carburanti fossili, benzina a gas, abbracciando l’alternativa dell’auto elettrica, che nel recente periodo ha cominciato a proporsi come alternativa credibile. La tecnologia dell’auto elettrica impone l’utilizzo di batterie di nuova concezione, che ne garantiscano affidabilità e autonomia.
Una prima possibile soluzione sono le batterie a combinazione di grafite e silicio, in sostituzione dell’anodo a grafite, ottenendo un apporto energetico molto migliore grazie alla maggior forza energetica del silicio. In alternativa, la ricerca sta lavorando a batterie allo stato solido, che sostituiscono la grafite del polo negativo con del litio metallico, che assicurerebbe un aumento dell’autonomia sino al 40% rispetto alle attuali. La controindicazione rispetto a quella che gli esperti ritengono la tecnologia più promettente è derivata dagli attuali costi, che dovrebbero però scendere sotto il livello dei 100 dollari per Kwh.
I materiali utilizzati per le batterie sono talvolta rari o costosi, come il cobalto, o di non facile reperimento. L’attuale impatto che la scarsità di chip ha sulla produzione di apparati diversi, anche le auto, impone una riflessione sulle fonti di approvvigionamento.
Tema correlato al tipo di materiale impiegato nella produzione è il design, orientato a diminuire drasticamente l’ingombro della batteria, rilevante per auto a dimensioni ridotte.
L’autonomia garantita dalle tecnologie attuali è piuttosto ridotta, e spiega la maggior diffusione dei modelli a propulsione ibrida, ma si comincia a ritenere vicina un’autonomia di 500 chilometri e più avanti di raggiungere i 1000 chilometri. In tal modo diverrebbe meno rilevante la capillarità dell’infrastruttura di ricarica, sia a livello locale che nazionale: sulla sua affidabilità peseranno anche tempi di rifornimento e prezzi.
L’altro corno del problema è rappresentato dalla transizione digitale, che impatta anch’essa sul comparto. Non era certo indispensabile la pandemia per accorgersi dell’invasività che le tecnologie digitali hanno sul settore trasporto, in particolare sull’auto. La Tesla di Elon Musk è stata paragonata ad uno “smartphone con le ruote” per la quantità di digitale da cui è pervasa.
Senza rincorrere esempi che rappresentano ancora nicchie di mercato, a partire dalla fine del secolo scorso l’elettronica ha iniziato ad impadronirsi di funzioni essenziali del controllo del mezzo, raggiunta dal software di analisi e controllo delle emissioni che fece scalpore nella sua versione tedesca export-oriented (diselgate).
Più di recente, da almeno un lustro si stanno sperimentando applicazioni di supporto alla guida (ADAS -Advanced Driver Assistance Systems) che, con l’utilizzo dell’intelligenza artificiale renderanno sempre più concreto il self-driving car, l’auto a guida autonoma.
Questo futuro, e i tempi imposti al cambiamento, stanno inducendo una forte preoccupazione al settore, produttori e aziende della componentistica, in particolare in Italia, specie in chi produce solo per il mercato della propulsione termica. Da parte di alcuni operatori si ipotizza che su tempi più lunghi (oltre il 2035 indicato come fine della produzione di auto termiche), possano assumere maggior rilevanza tecnologie concorrenti (idrogeno “verde”), o individuazione di altre tecnologie per le batterie.
La ristrettezza dei tempi non lascia molto spazio ad ammortizzare scelte diverse.
Ad attenuare i rischi interviene in parte il combinato disposto di alcune misure del PNRR, che da qui al 2026 prevede di investire circa 10 Mdi come risorse dirette. A queste vanno aggiunti parte degli investimenti previsti per Transizione 4.0 di cui beneficerà anche il settore automotive con ossigeno per le Pmi del comparto. Il Piano Transizione 4.0 contiene infatti misure rivolte ad aziende private per rilanciare sia la domanda che l’offerta attraverso interventi di innovazione di processo e di prodotto. Ciò dovrebbe consentire di mantenere l’integrazione nelle catene del valore continentali, in particolate l’automotive tedesco e francese. I tedeschi hanno inserito nel loro Recovery Plan principalmente misure a supporto delle transizioni del settore auto.
La strategia dell’operatore a noi più vicino, l’iniziativa italo-francese Stellantis, costruirà una gigafactory a Termoli, con un investimento previsto di 1,5 Mdi, cui dovrebbe partecipare anche Cassa Depositi e Prestiti. Ad essa si aggiunge l’investimento di Melfi, con la produzione di quattro modelli elettrici, cui di aggiungeranno Grugliasco e Mirafiori.
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