Le tecnologie ci interrogano sui futuri possibili
Scientific American in tre articoli pone alcune domande sui futuri possibili, che dobbiamo porci:
Stanno aumentando rapidamente le applicazioni che automatizzano funzioni e competenze, rendendo trasparenti produttività e valorizzazione delle mansioni. Il confine tra noi e le macchine tende perciò ad assottigliarsi, le macchine vengono dotate di caratteristiche “umane”. E’ dunque necessario ripensare alle nostre peculiarità, il nostro vantaggio competitivo, la nostra posizione nella società del futuro.
La nostra collocazione sarà determinata anche dai nostri processi cognitivi: come cambierà lascuola, come l’apprendimento, e con l’orizzonte che si sposta oltre i 100 anni di vita, ci possiamo accontentare di concentrare il core dell’apprendimento nei primi 25-30 anni di vita?
Lo sviluppo delle tecnologie avrà un impatto sulla struttura sociale: aumenterà o diminuirà le diseguaglianze? quale sistema economico sarà più funzionale alla società della conoscenza, basteranno servizi universali come accesso alle cure o all’istruzione garantire pari opportunità? E, ancora, fenomeni come l’affermarsi dei prosumer, la stampa 3-d e l’internet of things potrebbero avere un impatto sui prezzi, e quindi sui profitti, facendoli scemare? Tutto ciò avrà conseguenze sul concetto di proprietà, di tutela della stessa?
A un livello macro, i fenomeni appena individuati avranno conseguenze sulla divisione internazionale del lavoro, sui processi di gobalizzazione e redistribuzione del potere economico tra Paesi?
Si apre con le ultima domande lo scenario delle implicazioni in termini di geopolitica: l’innovazione muterà i rapporti di forza tra le aree del globo? La scoperta di nuovi processi quali l’estrazione dello shale gas sta rendendo meno strategico e appetìbile il controllo dei grandi giacimenti petroliferi? E’ pensabile che altre innovazioni spostino rapporti di forza: quali saranno, e la velocità di adozione farà la differenza in termini di rapporti di forza, e di sicurezza dei cittadini?
Lo sviluppo degli strumenti di comunicazione renderà meno rilevanti le differenze culturali, renderà più facile il dialogo interculturale, o appiattirà le differenze omologandole. Sarà possibile conservare un concetto di diversità?
Sul piano della governance della politica, gli sviluppi della e-democracy renderanno più facile la partecipazione collettiva alle decisioni, e quindi potranno in qualche modo depotenziare i processi di decisione politica? I processi decisionali potranno divenire più efficaci e inclusivi o allargheranno il divario tra utenti esperti e inesperti? L’adozione di algoritmi complessi favorirà la diffusione del potere o la concertazione dello stesso in poche mani?
Sono domande che non hanno risposte univoche, né si possono meccanicamente adattare a uno schema bipolare: tecno-ottimisti e tecno-catastrofisti. La consapevolezza riguardo opportunità e rischi che ogni scelta comporta, collegata non solo a ciò che sci acquisisce in termini potenziali, ma anche ciò che si perde in controllo sulle conseguenze, è l’unica tutela che possiamo mettere in campo-
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