All’indomani della caduta del governo, da molte parti si sono sollevate preoccupazioni sul destino del Pnrr. Per un verso si tratta di timori eccessivi, infatti l’accordo sul Pnrr contiene condizioni che salvaguardano le strutture tecniche, e il lavoro tecnico va avanti seguendo le tappe previste dagli impegni progettuali. Sono invece le novità esterne: guerra, inflazione, elezioni, che possono inserire elementi di difficoltà nell’ordinato sviluppo del Piano.
Vediamo innanzitutto i meccanismi dell’accordo sottostante NextGenEu, per capire come funziona. Parallelamente all’accordo sulle riforme e i progetti che l’Italia si è impegnata a implementare entro il 2026, sono state fissate alcune regole di fondo per garantire che l’implementazione del Piano restasse il più possibile disancorato dalle vicende politiche del Paese. Le più importanti sono legate alla durata dei contratti di prestazione legati agli adempimenti e alla vita delle strutture di controllo e gestione del Piano. Per entrambe le questioni la data ultima è al 2026, o comunque al termine del Pnrr. Ciò significa, per quanto riguarda la governance del piano, che strutture come la Ragioneria Generale e la Segreteria Tecnica di Palazzo Chigi, oltre alle unità di missione dei ministeri coinvolti, hanno le competenze legate quella scadenza. Si comprende così perché è stato deciso che la gestione ordinaria del governo sia un po’ più ampia dell’usuale. Si è poi prevista la creazione di un tavolo permanente di consultazione tra governo e attori sociali, con il supporto delle strutture tecniche di cui sopra. Si è creata così una cabina di regia fatta di strutture che non risentono del cambio di governo perché escluse dallo spoils system, blindate per l’attuazione operativa del Piano, per poterlo così garantire.