Il 2020 ha rappresentato la presa di coscienza a livello internazionale della insostenibilità del modello di sviluppo prevalente. Il 2021 sarà probabilmente ricordato come l'anno della transizione. Il 2022 si può vedere come l'anno della reazione, della ripresa
L’Italia ha ben reagito, dimostrando di avere una struttura industriale capace di grande resilienza, facendo del Made in Italy e dei suoi prodotti un elemento di forza che ha qualificato la nostra economia tra le più reattive, prima in Europa per risultati e a livello internazionale per export.
Ma la chiusura dell’anno è meno entusiasmante, perché la violenza della ripresa, a livello globale, ha generato contraccolpi molto forti che ne mettono in dubbio se non la durata, la qualità e l’essenza.
L’enorme crescita dei prezzi di materie prime, logistica, energia, ha preoccupato soprattutto l’America e le sue istituzioni finanziarie, ma genera riflessione anche in Europa e forti preoccupazioni per alcuni settori dell’economia. La scarsità di offerta di lavoro, con la sua doppia caratteristica di rifiuto di bassi salari per le prestazioni più operative e profondo disallineamento di competenze utili alla transizione verso un’economia più sostenibile, hanno rese più incerte le prospettive per il futuro.